Si chiamano Big Four perché sono effettivamente in 4 società a spartirsi il mercato mondiale nei servizi che offrono, dalla revisione alla consulenza. Possono occuparsi di audit per le aziende private, ma anche gestire settori chiave dell’amministrazione pubblica che lo Stato preferisce esternalizzare piuttosto che assumere o formare personale competente (unicamente per scelta ideologica, considerato che i costi sono maggiori nel modello attuale).
Giulia, inquadrata ai livelli base di una di queste, ci ha offerto uno scorcio su ritmi e dinamiche di lavoro all’interno di questi colossi multinazionali, tra persone mosse da ambizioni di carriera o dal semplice istinto di sopravvivenza.
In queste aziende multinazionali che dipingono sé stesse come forze del cambiamento, in grado di soddisfare i clienti in tutte le loro esigenze così come di rendere felici e appagati i propri dipendenti, dietro la muraglia degli slogan e delle campagne di marketing troviamo come sempre oppressione e sfruttamento.
Il sacrificio di sé e la competizione emergono come elementi quotidiani all’interno di un’organizzazione dalla gerarchia implacabile, che si estende dal giorno alla notte, risucchiando tutto il tempo e l’energia vitale di chi lavora ai piani bassi.
Ancora una volta, con questa puntata riscopriamo che si può lavorare dietro la vetrata trasparente di un grattacielo svettante o sgobbare ai fornelli in uno spazio stretto e affollato, ma lo sfruttamento rimane sempre sfruttamento: salari bassi, fatica fisica e mentale, pura subordinazione.
E la risposta per porre fine a questa situazione è una e una sola.
Recuperiamo uno spirito di fratellanza, noi che condividiamo gli stessi problemi. Sviluppiamo una coscienza di classe, organizziamoci collettivamente e reclamiamo i nostri diritti